La problematica dello smaltimento

Attualmente, il principale limite nel riciclo dei rifiuti in plastica dura non rientranti tra gli imballaggi, e quindi non accettati ad esempio da Corepla, è rappresentato dalla loro eterogeneità (sia in termini di composizione che di dimensioni e durezza) e spesso dalla mancanza di informazioni circa la composizione (tipo di polimero o miscele di essi), eventuale presenza di additivi e/o componenti di materiale diverso (es. metallico).

La plastica dura non da imballaggio non ha una sistema di riciclo organizzato e strutturato, a differenza della plastica da imballaggio che gode di una specifica filiera di recupero presidiata in Italia dal Consorzio Corepla.

Le analisi hanno stimato un’incidenza complessiva sul rifiuto urbano di circa 13 kg/abitante*anno di questa frazione, pari a 800.000 ton/anno su base nazionale.

Tuttavia, dati nazionali non sono disponibili né in bibliografia né in banche dati.

Si stima che la quota relativa di plastiche dure dirette in discarica sul territorio italiano è una importante porzione del rifiuto indifferenziato, che si aggira intorno al 25% di tutti i rifiuti urbani prodotti. La raccolta differenziata di un maggiore quantitativo di rifiuti plastici permetterebbe di ridurre l’utilizzo di petrolio per la sintesi dei polimeri e di estendere un sistema di riciclo economicamente vantaggioso alle altre categorie di plastiche, oltre, per esempio, al comune PET.

Tempi di decomposizione dei diversi imballaggi – Foto di C. Gasparini
Gli impianti di smaltimento – Foto di E. Orzes